interpretazione, creazione e collaborazione artistica Antonio Tagliarini, Barbara Novati
Fra De Isabella, Gianmaria Borzillo, Nicole De Leo
musica Cindy Lee’s Diamond Jubilee
luce e scena Cosimo Ferrigolo, Valeria Foti
cura e promozione Giulia Traversi
E la bella stanza è vuota nasce dalle ispirazioni emerse dall’ascolto dell’album Diamond Jubilee di Cindy Lee; una serie di suggestioni che guidano la creazione del lavoro, così come l’energia e lo spirito dello stare in scena. L’album è stato rilasciato online nel 2024, in palese controtendenza al mercato e alle piattaforme musicali, divenendo inaspettatamente un caso nella scena musicale underground. Due mesi dopo la pubblicazione del disco, Patrick Flegel/Cindy Lee sparisce in un silenzio tuttora senza spiegazione. Quasi a voler rinnegare e fuggire il successo, la svolta. Un gesto profondamente autentico e anarchico, un posizionamento anti-sistemico e sfuggente che immagino – quasi come un’allucinazione – riprodurre in teatro, sulla scena, onorando prima di tutto le personalità coinvolte nel processo creativo. Creare un evento che emerga dal nulla, esploda in sordina e clandestinamente. Per poi scomparire nuovamente, come se nulla fosse accaduto. L’album come primo elemento di una drammaturgia che vuole ragionare sul rapporto sfuggente e impercettibile con l’altro, provando a dialogare, forse a vuoto, con l’esigenza memoriale alla base dell’azione fotografica: Nan Goldin, ad esempio, fotografa per afferrare impossibilmente la presenza della sorella Barbara. La foto, che è un calco, impressiona il momento, restituisce le persone andate; eppure il mistero persiste. Non resta che la testimonianza di questo ritrovo di solitudini. Il mistero della relazione e una sessione fotografica con cinque performer che danzano: un lavoro che vuole provare a costruire uno spaccato di un’umanità multipla e varia che letteralmente ci passa davanti; quasi una sintesi grezza e viva e sotto acidi di una serie di racconti che si manifestano attraverso la relazione tra corpi, identità e le loro metamorfosi. Un farsi guardare e un guardare che si fa danza. Un movimento che lascerà infine solo l’alone del ricordo delle persone che hanno attraversato questa stanza ora vuota.